Per fare le visite di vendita è necessario il patentino?

No.

Al quesito proposto siamo tutti portati a rispondere negativamente, dando in tal modo – lo anticipo – la risposta esatta.

Perché porselo, allora?

L’esigenza di approfondimento nasce dalla lettura dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 39/1989 (la legge speciale che disciplina l’attività di mediazione), che prevede che il mediatore abilitato e iscritto in C.C.I.A.A. “non può delegare le funzioni relative all’esercizio della mediazione, se non ad altro agente di affari in mediazione iscritto nel ruolo”.

Una prima lettura di tale formulazione, il tenore letterale della norma appare certamente meno tranquillizzante.

Non è un caso, infatti, che vi è chi si sia rifiutato di corrispondere la provvigione all’Agenzia nell’ipotesi – purtroppo non infrequente – in cui il cliente abbia effettuato una o più visite presso l’immobile, senza poi far gestire la trattativa all’agenzia, per poi concludere l’affare direttamente con il venditore (ipotesi che nel nostro gergo professionale definiamo “scavalco”).

L’eccezione è fondata sulla lettura combinata della disposizione appena riportata, con l’art. 6 della stessa legge, secondo cui hanno diritto alla provvigione soltanto i mediatori abilitati ed iscritti.

La questione, come si può immaginare, ha assunto un rilievo pratico, ingenerando contenziosi anche in sede giudiziaria sulla debenza o meno della provvigione in presenza di una simile fattispecie.

E proprio il ricorso alla magistratura ha dato modo di chiarire l’esatto significato da attribuire alle norme prese in considerazione, grazie soprattutto al contributo interpretativo della massima autorità giudicante, la Suprema Corte di Cassazione.

Nel decidere un caso analogo, la Suprema Corte ha recentemente statuito che “la circostanza che, poi, … (l’acquirente) sia stata accompagnata a visitare l’immobile di cui è causa dall’ausiliaria … (collaboratrice dell’agenzia) non in possesso dell’iscrizione, con la quale avrebbe anche intrattenuto i successivi contatti, non appare decisiva, posto che -da un lato- la ricorrente (sempre l’acquirente) non smentisce il dato essenziale, rappresentato dal primo contatto con l’agente iscritto all’albo, e – dall’altro lato- certamente non occorre l’iscrizione all’albo dei mediatori per lo svolgimento di mere funzioni ancillari come quelle che si risolvono nell’accompagnamento del cliente a visionare l’immobile” (sentenza Cass. Civ., n. 30083/2019).

“Ne deriva – continua la Suprema Corte – l’irrilevanza del fatto che … (collaboratrice dell’Agenzia) non fosse in possesso dell’iscrizione all’albo dei mediatori immobiliari, essendo sufficiente che tale requisito fosse posseduto -fatto, questo, non controverso- dalla titolare della ditta …”.

E’ opportuno osservare come tale sentenza non sia affatto isolata, ma si ponga in un filone giurisprudenziale di legittimità oramai consolidato (si vedano anche, sullo stesso tema, Cass. Civ. n. 1507/2007, e Cass. Civ. n. 8708/2009).

Il Giudice di legittimità, quindi, chiamato nella sua funzione ad attribuire l’esatto significato della norma nel caso concreto, con ogni evidenza ha giustamente inteso riferire l’attività di mediazione – quale regolamentata e legittimamente esercitata solo da chi sia abilitato ed iscritto, ai momenti in cui si attui quella messa in relazione delle parti sul piano negoziale (ad es., attraverso la raccolta di una proposta d’acquisto, o la trattativa per l’accettazione, la stipula del contratto) alla quale fa

riferimento anche il Codice Civile (Art. 1754), ritenendo che un’interpretazione più restrittiva – ancorché possibile, visto il tenore letterale delle norme esaminate – risulterebbe eccessivamente formalista ed estranea ai valori realmente protetti dalla legge speciale.