Può capitare che l’agenzia si debba occupare della vendita o della locazione di un appartamento di proprietà condominiale (come capita spesso, ad esempio, per l’alloggio del portiere a seguito della cessazione della funzione del portierato).
E’ opportuno premettere che un simile incarico, per poter essere effettivamente attuato a seguito della raccolta di una proposta d’acquisto o di locazione, necessita di delibera assembleare presa ad ampia maggioranza. Resta dunque di competenza dell’assemblea decidere in ordine alla vendita e alla locazione delle parti comuni del condominio e non, ad esempio, dell’amministratore. Nel caso della locazione, la decisione esula dai poteri di competenza dell’assemblea ordinaria, e deve essere presa invece dall’assemblea convocata in sede straordinaria.
C’è poi una differenza sostanziale che riguarda il quorum deliberativo:
– nel caso (il più frequente) di locazione inferiore ai nove anni, il numero di voti richiesto per la validità della delibera sulla locazione è di almeno la metà degli intervenuti in assemblea, che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio sulla base dei millesimi condominiali.
– nel caso di locazione ultra-novennale, invece, è richiesto il consenso di tutti i condomini (art. 1108, terzo comma, c.c.).
Qualcuno ha nel tempo ipotizzato che la locazione dell’immobile condominiale potesse integrare la fattispecie della modificazione della destinazione d’uso, quale prevista dall’art. 1117-ter c.c., che richiede per la validità della sua approvazione la maggioranza qualificata dei quattro quinti dei partecipanti al condominio e dei quattro quinti del valore dell’edificio. La giurisprudenza, tuttavia, ha escluso l’applicabilità di tale norma al caso della locazione.
Laddove invece l’immobile venga messo in vendita, così come già visto per la locazione di durata superiore ai nove anni, la norma di riferimento è l’art. 1108 c.c., che prevede l’unanimità della deliberazione di compravendita di un locale comune condominiale.
Chiamata a chiarire il senso di questa disposizione di legge, la Corte di Cassazione ha affermato che “è chiaro il disposto dell’art. 1108 c.c., comma 3 (applicabile al condominio in virtù del rinvio ex art. 1139 c.c.) che, espressamente, richiede il consenso di tutti i comunisti (i partecipanti alla comunione, n.d.r.) e, quindi, di tutti i condomini, per gli atti di alienazione del fondo comune, o di costituzione su di esso di diritti reali o per le locazioni ultranovennali (alle quali ben può essere assimilata la concessione in uso esclusivo a tempo indeterminato, ove a tale concessione voglia conferirsi natura obbligatoria e non reale)”.
Per vendere un appartamento (ma potrebbe essere anche un vano con altra destinazione) è necessario il consenso di tutti i condomini, da esprimere in forma scritta, a pena di nullità, come prevede la norma generale in tema di forma del contratto (art. 1350 c.c.). Questo vale, naturalmente, oltre che per il perfezionamento dell’atto di vendita, anche per gli atti propedeutici (es., accettazione della proposta d’acquisto, contratto preliminare, opzione, etc.).